V COME VENDETTA

È di ieri la pubblicazione della proposta di legge sulle Unioni Civili Omosessuali (si avete letto bene, la chiamano proprio così), che il Governo si  preparerebbe a mandare in Parlamento a settembre. Difficile dare un’opinione a caldo su una cosa che ha il sapore delle leggi settarie. Sarebbe il primo provvedimento legislativo della ironica storia italica che nel dare diritti ai cittadini ne nega esplicitamente altri. Lascio ad ognuno il commento su questa proposta: credo che ne discuteremo molto nei prossimi mesi, e soprattutto che ne discuteranno molto “saccenti” personaggi che hanno la morale assoluta dalla loro parte.

Il dramma inizia subito, non appena la stampa anticipa questa “favolosa” proposta di legge: manifestazioni catto-fascistoidi auto convocate su Facebook. Preziosi “catto-pluri-indagati” che mostrano subito la loro opposizione a qualsiasi legge che ipotizzi anche lontanamente il riconoscimento di diritti ai “pervertiti”. Ex candidati del PD che riscoperta una passione incredibile per la Madonna di Lourdes minacciano apocalissi sul “bel stivale”. Insomma l’ennesimo festival sul niente: la proposta di legge non c’è ancora, il dibattito non è iniziato (e personalmente dubito che inizierà), e noi piccoli omosessuali italiani stiamo oggi esattamente come stavamo ieri.

Per l’ennesima volta mi ritrovo a pensare che dovrò sopportare che nelle prossime settimane qualcuno discuta di me, della mia vita, dei miei sentimenti e dei miei diritti senza neanche conoscermi, senza neanche sapere chi sono, cosa provo, cosa mi manca, come ho vissuto. Tutti si sentiranno in diritto di “pontificare” in positivo od in negativo su come, dove e perché io dovrei avere o non avere dei diritti. Ed ecco che la nausea improvvisamente mi assale. Mi assale insieme all’istintiva voglia di mandare tutto a quel paese, di prendere la MIA FAMIGLIA e di andarmene, magari anche sbattendo la porta. Dicendo a questo paese ed a tutta la tribù apertamente o non apertamente omofoba che lo vive, che di quello che pensano loro io me ne frego altamente perché NOI POSSIAMO FARE A MENO DI LORO.

Ed ecco che, mentre questo incontrollato pensiero istintivo mi assale, dalle pagine di Facebook  leggo dell’ennesimo amico che abbandona questo paese. Rifletto un attimo, controllo i miei messaggi e trovo che solo tra le mie conoscenze vi sono almeno 14 tra gay e lesbiche che negli ultimi 24 mesi hanno abbandonato l’Italia. Lo hanno fatto per amore, per lavoro, per scelta, ma sempre con la certezza di arrivare in un luogo dove i loro diritti sono protetti. Lo fanno tutti con un sorriso, a volte amaro, ma con la speranza di lasciarsi alle spalle le piccolezze delle discussioni e dei dibattiti che ci riguardano, certi che staranno meglio. È ciò che spero per ognuno di loro. Lo spero con il cuore. Ma nello stesso momento scopro che io non farò come loro: non perché penso che sbaglino, l’autodeterminazione è qualcosa che difenderò sempre e rispetterò con tutto me stesso. Non perché ho paura dell’ignoto. Non perché sono un eroe e resto a difendere il fortino.

Io non lo farò perché sono una persona molto vendicativa: la storia presto ci darà ragione, presto in questo paese i nostri diritti saranno tutelati, presto l’idiozia ideologica verrà spazzata dalla modernità, ed allora io voglio esserci. Io voglio essere in strada a festeggiare. Io voglio essere qui a guardare dritto negli occhi chi oggi continua a sentirsi superiore a me e fargli capire, senza un gesto, senza una parola, ma soltanto con il mio sguardo, quanto essere omofobo lo abbia reso un essere davvero piccolo. Allora e solo allora, a vendetta compiuta potrò pensare anche di lasciare questo paese, di certo migliore di quello che è oggi.

Piero Pirotto

E SAREMO IN TANTI ANZI TANTISSIMI.

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