Un paese normale

In un paese normale le cose evidenti non dovrebbero richiedere spiegazioni. Ma l’Italia, ormai è palese, non è un paese normale. È di qualche settimana fa la sentenza del tribunale di Grosseto che ha intimato al Comune della città toscana di provvedere a registrare un matrimonio tra due uomini contratto negli Stati Uniti. Pochi giorni dopo lo stesso accade nelle Marche, dove la registrazione viene effettuata nel Comune di Fano, per un altro matrimonio tra due uomini contratto all’estero. Tutto questo sarebbe dovuto bastare per far si che la politica si interrogasse sul perché la Magistratura di questo paese sottolinei con le proprie sentenze, come in pochi altri paesi al mondo, l’inadeguatezza delle nostre norme in tema di diritti civili. Invece non accade nulla. Il silenzio più totale.Qualche altro giorno e la Consulta demolisce ancora una volta un paletto, voluto da chi intende imporre la propria morale a tutti gli altri, sulla fecondazione medicalmente assistita. Così per l’ennesima volta la Legge 40 viene demolita a colpi di sentenze. Leggendo le motivazioni il colpo assestato è ancora più forte. È di oggi la pubblicazione delle motivazioni della sentenza della Consulta che indicano come “la procreazione è un diritto di tutti”: vale la pena sottolineare come la sentenza dica di tutti. Non dice di tutti gli eterosessuali, non dice di tutti gli ariani, non dice di tutti quelli di religione cattolica, ma dice proprio DI TUTTI. Ed anche dopo questa sentenza, ed ancor più dopo queste motivazioni, la politica tace, lasciando spazio semplicemente alla Magistratura.Nel periodo delle grandi riforme, delle rottamazioni, delle novità e delle vittorie a braccia alzate, la politica dimostra ancora una volta i propri limiti: limiti culturali, problemi enormi di tenere il passo con i tempi e con una società che si evolve. Potremo avere una favolosa nuova legge elettorale, un Parlamento ultra innovativo che legifererà alla velocità della luce, autonomie locali snelle e meno costose, ma fino a che continueremo ad avere persone che nei ruoli istituzionali decideranno di non farsi carico di una società che cambia, tutto lo spirito innovatore potrà forse dare una mano alla nostra esausta economia, ma di certo non seguirà il passo di una società che si evolve sempre più rapidamente dei pensieri dei nostri politici. I diritti civili non sono un valore negoziabile, non sono un elemento di contrasto. Sono l’esigenza di emancipazione di una minoranza, sono qualche cosa che non va chiesto: è qualcosa che si palesa nel quotidiano. Quando la politica non riesce a reggere il passo della cultura del diritto, allora smette di essere la rappresentazione di un paese, ma semplicemente il braccio armato di interesse di pochi potenti. Quando la Magistratura detta l’agenda con sentenze sempre più innovative e più vicine alle esigenze dei cittadini, allora è la politica a fallire, non la Magistratura ad invadere un campo non proprio. Questo è il senso della Democrazia, ma sembra che nessuno dei nostri governanti lo ricordi.Il 28 giugno, qualsiasi cittadina e cittadino di questo paese, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, avrà l’occasione per ricordarlo a tutti quei politici, vecchi o nuovi che siano. Il vero problema e continuare a farlo anche i giorni successivi. Come diceva un vecchio slogan, più che mai da rispolverare, dovremmo davvero essere tutti “Orgogliosamente LGBT 365 giorni all’anno (366 nei giorni bisestili)”.

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