Questo Pride s’ha da fare.

L’uso più diffuso del termine “gay pride” in Italia è quello usato come abbreviazione di “Gay Pride parade”, cioè “marcia” (o “manifestazione”) “dell’orgoglio gay”.In questo senso nel linguaggio colloquiale, “Gay Pride”, o più comunemente “Pride” per sottolineare un evento inclusivo e rivolto a tutti senza alcuna distinzione, indica normalmente la manifestazione e le iniziative che si svolgono ogni anno in occasione della “giornata dell’orgoglio LGBT”, nei giorni precedenti o successivi alla data del 28 giugno, che commemora la rivolta di Stonewall di New York del 1969.
In questi giorni in cui  nelle varie città italiane si svolgono le parate (da Roma il 7 giugno all’Onda Pride del 28 giugno in cui si sfilerà anche a Torino) si possono leggere o ascoltare i numerosi discorsi dei detrattori, sia etero che omo, che lo definiscono una “carnevalata”, poco sobrio e non rappresentativo della comunità LGBT.  Qualcuno si spinge anche  oltre, e lo considera addirittura controproducente e fomentatore di atti omofobi.I promotori e sostenitori, tra cui l’associazione Quore, invece, parlano di una manifestazione sicuramente forte, di impatto, che vuole trasmettere un messaggio di libertà e di liberazione.E portare avanti delle richieste, chiare e precise: matrimonio egualitario, adozioni, tutela dei figli delle famiglie omogenitoriali, legge contro l’omo-transfobia.
A coloro che pongono queste critiche la nostra associazione vuole così rispondere:
1- “ Il Pride è una carnevalata!” ma se nel carnevale ci si mette una maschera (per mimetizzarsi e contestare il sistema sociale), nei Pride la si toglie, e ci si “spoglia” di un’identità stretta che la società ci ha cucito addosso privandoci del nostro io più vero;
2-   “Il Pride è poco sobrio!” ma perchè alla comunità LGBT è imposta tale sobrietà? Perchè si pretende da omosessuali e transgender di dimostrare di essere moralmente migliori rispetto alla massa? E a criticare e a condannare è la stessa società che poi mercifica, sacrifica, sfrutta e mortifica quotidianamente il corpo (soprattutto femminile). Due pesi, due misure, insomma!
3- “Il Pride non mi rappresenta!”. Allora, le stesse persone che non vi partecipano perchè non si sentono rappresentate dovrebbero metterci la faccia (slogan usato dal Roma Pride), lavorarci sodo, trasformarlo come più gli piace portando delle idee, anche politiche, nuove. Ma che novità è un’idea basata sulla paura del sè e sul nascondersi?
4-  “ Il Pride è il modo sbagliato di chiedere i diritti!” Ma ricordiamoci che il Pride è, innanzitutto, una festa e nei Paesi come l’Italia, in cui non vi è alcun riconoscimento dei diritti delle persone LGBT, assume dei risvolti politici ben determinati; ne è una prova che anche negli Stati in cui tali diritti sono riconosciuti, si svolgono comunque i Gay Pride.I volontari dell’associazione Quore si battono TUTTI I GIORNI per le persone LGBT attraverso le numerose attività di sensibilizzazione, denuncia e promozione territoriale proprio perchè non crediamo che il Pride sia l’unico e il solo strumento titolato a tali richieste.
Infine è importante ricordare che il Pride finalmente condanna uno dei diritti più negati alla persona omosessuale, quello della visibilità, che giorno per giorno gli è negato. Molte persone eterosessuali credono che le persone omosessuali siano una piccolissima minoranza, una rarità nascosta e mai conosciuta.Ma quando, il giorno del Pride, vedranno 30.000 persone sfilare  per la valorizzazione della cultura delle differenze e nel rispetto dei diritti di tutti, forse questa credenza verrà loro meno e si abitueranno, termine non usato a caso, ad aprire i loro orizzonti mentali e culturali.E magari, il prossimo anno, sfileranno con noi…
Marco Consiglio

 

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *