L’attacco è la miglior difesa

In un paese attorcigliato sui problemi economici e sulle tensioni sociali che il Governo alimenta, per giustificare se stesso, gli attacchi omofobi e transfobici si stanno moltiplicando. Razzismo, sessismo ed omofobia sono all’ordine del giorno: leggi i giornali, sfogli i social, leggi le risposte ai tweet di personaggi pubblici che si schierano ed improvvisamente ti ritrovi sul tram a guardarti intorno ed a cercare di capire, nell’attesa della tua fermata, quali delle persone accanto a te sarebbero pronte ad attaccarti per chi sei.

Non è una bella sensazione, soprattutto se paragonata alla sensazione di liberazione e di forza che solo due anni fa dimostravamo nelle piazze durante la discussione della Legge Cirinnà sulle unioni civili: la lotta per la difesa della legge così come integralmente scritta e la forza dimostrata nel contrastare il taglio dei diritti dei nostri figli ci ha illuso di essere arrivati ad un punto di svolta.

Ecco la svolta c’è stata, ma dal lato sbagliato (tendenzialmente direi che abbiamo svoltato a destra). Ed oggi ci ritroviamo a difenderci: nel quotidiano da ciò che ci accade intorno e da ciò che leggiamo, ed in generale da quanto potrebbe accadere a livello politico. Scendiamo in piazza quando gli altri ci attaccano, protestiamo e denunciamo quando l’ennesimo pagliaccio politico fascioleghista o pentaimbecille fa la sua sparata, o scrive un disegno di legge che anche Torquemada troverebbe esagerata. Ripetiamo e le loro frasi (a volte dando loro anche troppa visibilità) per smontare i loro propositi o per attaccare la loro idea retrograda dell’universo.

Ci stanno costringendo in un angolo del ring, e noi passivamente ci stiamo rintanando, pronti solo a parare colpi come se fossimo esausti. Stiamo sbagliando qualcosa: lasciamo a loro dettare l’agenda civile e politica di questo periodo. Finiamo immancabilmente nel loro campo, senza neanche il sostegno di una parte politica alle prese con i propri problemi interni e la disperata ricerca di una soluzione al disastro fatto.

Come tutti coloro che sanno di avere la ragione dalla propria parte (ed anche la Costituzione in realtà, ma in questo periodo lascerei stare le finezze) pensiamo che basti: non è così. La storia di questo paese e dei movimenti di liberazione insegna che non si può restare passivi: l’azione quotidiana e la programmazione politica devono diventare uno strumento quotidiano di lotta. Il coordinarsi con altri gruppi pesantemente attaccati dalla situazione sociale e politica attuale diventa fondamentale e la stagione dei Pride delle prossime settimane deve diventare un luogo di spazio e di accesso a tutte le rivendicazioni che questo clima reazionario sta attaccando. Ma non deve essere solo un luogo di protesta e di testimonianza: deve diventare un luogo di proposta, dove gli slogan vadano ad attaccare i punti deboli di questo governo e le contraddizioni che porta in se.

Possiamo e dobbiamo attaccare ogni punto debole prima ancora che si alzino ulteriori proposte di stampo fascista: possiamo e dobbiamo dettare noi l’agenda. Ne abbiamo la possibilità ed anche il dovere: apriamo i prossimi Pride a tutta la società civile che contrasta l’azione di questi trogloditi, i gruppi femministi, gli immigrati, chi lotta per i diritti dei diversamente abili, i rom. Rendiamo i nostri Pride quello spazio in cui tutti possono riconoscersi ed in cui tutti insieme possiamo con la forza delle nostre idee cominciare ad attaccare la morsa della stupidità che l’ignoranza, l’incapacità e la mentalità reazionaria di queste classi dirigenti stanno alimentando in questo paese.

Le nostre idee sono più forti della loro becera propaganda: adesso è il momento di attaccare.

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