Dov’è il tuo cuore, lì è il tuo tesoro

Una prospettiva cristiana dell’omosessualità per una società laica.

di Paolo Giordana

1. Introduzione.

Recenti fatti nazionali ed internazionali, tra questi in particolare il dibattito connesso alla normativa italiana contro l’omofobia e le nuove leggi promulgate in Russia contro gli omosessuali, hanno riportato alla luce dibattiti che si pensava avessero ormai perso la loro ragion d’essere. Sono al contrario risorti tutti i corollari connessi alla grande tematica dell’omosessualità: se sia o meno una malattia, se debba essere curata, se sia una cosa “naturale”, se esista una “propaganda omosessuale”, ecc…
Tutti questi argomenti stanno fiorendo in numerosi incontri, normalmente organizzati in collaborazione con singole diocesi o realtà ecclesiali Cattoliche Romane. Il confronto con alcuni amici, nel mio ruolo di prete e persona attiva nel dibattito sul riconoscimento dei diritti civili, mi ha dunque spinto a scrivere queste pagine. Per molti, soprattutto per coloro che giustamente sostengono una piena separazione tra lo Stato e le confessioni religiose, le argomentazioni che seguiranno sembreranno inutili, o quantomeno destinate solamente a coloro che professano la fede Cristiana nella sua declinazione Cattolica Romana. Cercherò, invece, di far comprendere che, sebbene io sia personalmente un sostenitore della laicità dello Stato, esiste una naturale penetrazione di idee e di visioni della società che derivano dalla fede maggioritaria in Italia. Risulta, dunque, di somma utilità, anche nella prospettiva di rafforzare il ruolo dello Stato, andare ad indagare le radici di certe convinzioni, andare a comprendere cosa passi nella mente dei credenti

quando sentono parlare di omosessualità e quanta parte di queste convinzioni sia fondata oppure sia frutto di una cattiva tradizione.
Una materia così complessa è stata trattata da numerosi teologi e preti, vorrei ricordare tra tutti le belle pubblicazioni di don Franco Barbero ; in queste pagine vorrei solamente seguire un ragionamento, non approfondendo volutamente molte delle questioni esegetiche che si apriranno.

2. Il dato biblico.

Un buon cristiano dovrebbe sempre iniziare il proprio percorso di approfondimento dal dato biblico, ossia da ciò che l’Antico ed il Nuovo Testamento ci dicono sull’argomento. Occorre premettere che la grande tematica dell’omosessualità, che sarebbe meglio definire “omoaffettività”, più avanti spiegherò il perché, è una categoria, un’espressione che ha origini recenti (attestata a partire al XIX secolo). Pertanto leggendo testi che hanno quasi tre millenni dobbiamo applicare categorie moderne di comprensione della realtà che erano totalmente sconosciute allo scrittore biblico.
In tutta la Bibbia troviamo quattro episodi nei quali possiamo leggere in controluce la tematica dell’omosessualità:
– l’episodio di Sodoma;(Gen. 19,1-29)
– l’episodio di Davide e Gionata; (Primo e secondo libro di Samuele)
– l’episodio del Centurione di Cafarnao; (Lc 7,1-10)
– la lettera ai Romani; (Rm 1,24-28,32).

Tralascio volutamente le tematiche sulla “purità” trattate dal Levitico; queste infatti riguardano gli argomenti più vari, quali il divieto di tatuaggi o di cibarsi di crostacei, ed appaiono di per sé stesse irrilevanti … a meno di non volerle assumere nella loro pienezza.
L’episodio della Genesi evidentemente non ha nulla a che fare con l’amore, con l’affetto e con l’accoglienza: gli abitanti di Sodoma volevano, infatti, abusare degli ospiti di Lot. Nessuna interpretazione, neanche la più fantasiosa, riesce a vedere in questo episodio un qualcosa di accostabile a ciò che oggi noi definiamo come vita di coppia, si tratta infatti di banale violenza: sarebbe stato meno grave ai nostri occhi se gli ospiti di Lot fossero stati delle donne? Credo proprio di no.
Con Davide e Gionata vediamo invece un rapporto molto stretto, di grande affetto e di grande unione tra i due: “Il tuo amore per me era più meraviglioso dell’amore delle donne.” 2Sam 1,26. Questa frase viene pronunciata da Davide alla morte di Gionata e corona la descrizione della storia vissuta da loro due. Nel testo del primo e del secondo libro di Samuele non si parla di sesso, non solo per questione di privacy (come diremmo oggi), ma perché è totalmente irrilevante: non è il fare o non fare sesso con qualcuno che determina l’identità della persona, la sua natura profonda, ma è l’amore, il cuore.
Per questa ragione ho inserito in questa brevissima analisi anche l’episodio del Centurione di Cafarnao : un militare comandante di un gruppo numeroso di soldati, potenzialmente assimilabile ad un ufficiale moderno, di un esercito di occupazione in un paese straniero fa l’impossibile per contattare un profeta che si dice faccia miracoli, perché un suo servo (non sarà mica stato l’unico servo che aveva) a cui è molto legato si è ammalato e rischia di morire. Gesù non entra nel merito del perché quest’ufficiale romano stia smuovendo tutte le sue conoscenze per questo servo, non chiede quale sia il sentimento che intercorre tra il militare e il servo, ma elogia solamente la fede e guarisce il malato.
Sarebbe quantomeno presuntuoso da parte di ogni commentatore definire ciò che neanche Gesù ha voluto esplicitare, però resta chiaro che il “cuore” di questo centurione fosse puro, elogiabile anche nel rapporto di affetto nei confronti del suo servo.
Così anche nella lettera ai Romani , senza entrare in un’esegesi che richiederebbe molte pagine, il contesto di quella famosa frase è molto ampio: tutti hanno peccato tanto i pagani quanto il popolo eletto. Tutti hanno peccato, per restare in tema, tanto gli eterosessuali quanto gli omosessuali, perché tutti non hanno accolto la fede “soffocando la verità”. Il grande ragionamento della lettera è, infatti, incentrato sulla giustificazione per fede, sul fatto che il cristiano, indipendentemente dalla sua origine, viene giustificato, ossia liberato dal peccato e dalla legge (proprio quella dell’Antico Testamento, in particolare il Levitico, che in premessa ho escluso) solamente per fede. La natura della fede del cristiano è oggetto di grandi dibattiti, numerosissima è la letteratura che la riguarda; mi sento però di dire, con estrema sintesi, che per un cristiano la fede non è solo un qualcosa di intellettuale, non si tratta solo di “credere in certe cose”, la fede è in primo luogo un rapporto costante con Cristo: proprio per questa ragione veniamo definiti cristiani. Con grande scandalo di molti potremmo dire che un cristiano ha una storia d’amore con Cristo, che si sviluppa lungo tutta la sua vita, che trae origine dalla Parola e che si fortifica nei sacramenti. Potrei, andando ampiamente fuori tema, approfondire l’argomento, ma ciò che è rilevante comprendere è che anche nella lettera ai Romani viene detto che non è l’atto, né il seguire o meno la Legge, che fa l’uomo puro e giusto, ma è il cuore, la ragione per la quale le cose vengono compiute che interessa.

3. Il rapporto con la sessualità.

La nostra epoca concentra sul tema della sessualità gran parte delle attenzioni, purtroppo sovente anche le riflessioni sociali ed etiche sono viziate da quest’aspetto. È però quantomeno curioso che, secondo la morale canonica della Chiesa Romana, sia previsto che una coppia di fidanzati eterosessuali si astengano da rapporti sessuali fin dopo il matrimonio, pur mantenendo la loro configurazione sociale di coppia e iniziando una condivisione di vita, di sentimenti e di affetti. L’astinenza dai rapporti sessuali tra i due fidanzati non li priva dunque né della loro eterosessualità né della loro vita di coppia. Perché dunque per una coppia omosessuale le dinamiche dovrebbero essere differenti?
Appare evidente che la natura profonda della persona, ciò che evangelicamente viene definito il “cuore dell’uomo”, non è semplicemente il risultato di un’operazione matematica che vede tra i fattori l’avere rapporti sessuali con persone del medesimo o dell’opposto sesso. Il “cuore dell’uomo” è ciò che interessa realmente a Dio; nell’imprescindibile discorso antropologico connesso con l’incarnazione, alla quale noi cristiani crediamo, interessa a Dio che ogni uomo e ogni donna percorra fino in fondo la propria natura, conosca il proprio cuore per essere realmente e pienamente sé stesso, solo in questo modo, infatti, si può essere veramente felici.
Qualcuno a tal proposito parla di “omoaffettività” piuttosto che di “omosessualità” per spostare l’attenzione sulla componente profonda dei sentimenti, della condivisione di vita e dell’affetto piuttosto che sulla componente puramente fisica del sesso. Credo che ciò sia utile, a patto di non demonizzare o derubricare la tematica sessuale. Questa rappresenta, infatti, una componente importante della nostra natura umana e deve trovare la sua giusta collocazione nella nostra crescita e maturazione. Il sesso è una cosa buona, è un modo magnifico che ci è dato per uscire da noi stessi e conoscere gli altri, esplorare un mondo e perpetuare la specie. Queste tre componenti (conoscitiva-unitiva; ludica; riproduttiva) non sono ovviamente un tutt’uno e spetta alla maturità del singolo conoscere e costruire il proprio giusto equilibrio.

4. Il rapporto con gli “altri”.

Già nella premessa ho chiarito che tutto il ragionamento che avrei seguito sarebbe stato destinato ad un pubblico vasto, composto tanto da “credenti”, ossia coloro che si professano cristiani, quanto da “non credenti”, tutti gli altri.
Credo che a questo punto si ponga l’evidenza di una domanda: perché un particolare gruppo sociale si fa portatore di istanze che mirano a limitare o ad ostacolare le libertà di tutti gli altri? Questo tema fu lungamente dibattuto quando si tenne in Italia il referendum sul divorzio (1974) . Sappiamo bene, infatti, che per i cristiani della confessione Cattolica Romana il matrimonio è indissolubile, salvo quelli che vengono annullati dai Tribunali Ecclesiastici, ma questa è un’altra storia.
In quegli anni ci fu un acceso dibattito, a volte surreale, nel quale veniva sostenuto che l’introduzione del divorzio avrebbe minato la sacralità del matrimonio. La risposta della logica, e della storia, fu tanto semplice quanto diretta: nessuno è obbligato a divorziare. Se le personali convinzioni religiose o di comunione di vita ti portano ad attribuire al matrimonio un carattere di indissolubilità non sei in alcun modo costretto a divorziare, mentre, invece, viene consentito a tutti gli altri, compresi i cosiddetti “cattolici del dissenso”, di seguire la strada che gli sembra più opportuna.
Ora che la frontiera dei diritti amplia l’orizzonte della libertà umana, abbattendo i muri dell’ignoranza e del pregiudizio, ci troviamo nuovamente dinnanzi al medesimo quesito. Pur partendo dalla considerazione che nella Bibbia non vi è nulla che sia contrario all’omosessualità, perché un singolo od un gruppo di credenti dovrebbe volere limitare, ostacolare o emarginare un’altra parte sociale? Non vi è ragione alcuna per la quale un cristiano possa voler il male del proprio prossimo perché in questo modo di sicuro non seguirebbe il famoso “ama il prossimo tuo come te stesso”Mt 19, 16-19, che universalmente viene riconosciuto come cuore del messaggio evangelico. È cristianamente molto grave voler a tutti i costi, magari con la forza delle leggi, obbligare qualcuno a fare o ad omettere di fare alcune cose solamente perché secondo alcuni principi religiosi, ampiamente confutati, ciò rappresenta un “peccato”. In questo modo il cristiano non solo non ama il proprio prossimo ma diviene lui stesso il carnefice del proprio fratello; l’espressione non è esagerata se si pensa alla numerosa successione di vittime, di persone che hanno pagato con la propria vita la loro condizione umana. Tutta la teologia cristiana ci dice che Dio sta sempre con i sofferenti e mai con i carnefici, e questo dovrebbe far riflettere molto i sostenitori di un Cattolicesimo Romano più “integralista”.

5. Conclusioni.

“Dov’è il tuo tesoro, lì è il tuo cuore.” Mt. 6,21 Questo è dunque ciò che deve interessare nel nostro ragionamento sull’omoaffettività, sull’identità della persona. È un percorso che fa parte della natura umana, che ciascuno di noi dovrebbe compiere in piena libertà e senza ostacoli sociali.
Ecco perché sono importanti le norme contro l’omofobia, non solo perché gli atteggiamenti omofobici rendono la società peggiore, ma perché così facendo si inducono le persone a celare ancora di più la propria natura, a non porsi le giuste domande e a non iniziare neppure quel percorso di conoscenza del proprio essere che fa parte della maturazione dell’essere umano.
Oltre alla norma risulta essere di somma importanza il rapporto familiare, per usare una criticabile espressione: l’educazione dei genitori. Molto spesso la persona che inizia un percorso di conoscenza di sé stesso non solo non trova un aiuto nella società, ma vede nella famiglia un ostacolo che può sembrare insormontabile. Non raramente, infatti, i padri e le madri proiettano sul figlio o sulla figlia le proprie aspettative concrete di vita: non si limitano solamente a desiderare una crescita piena ed equilibrata del figlio ma lo instradano verso scelte concrete di studi, di lavoro e, ovviamente, di futuro di coppia.
Mi rivolgerò solamente a quei genitori che desiderano essere dei buoni cristiani: vi sembra di dare buona testimonianza di fede sostituendo, o cercando di ostacolare, il progetto che Dio ha per vostro figlio con il vostro personale progetto che avete per lui o per lei? La risposta è fin troppo facile: no!
Per aggiungere ancora un po’ di indeterminatezza al nostro ragionamento va detto che la sessualità, e quindi l’affettività, non ha solamente due elementi, omo o etero, ma costituisce un universo molto più complesso, che di norma viene identificato con i colori dell’arcobaleno. Tutto ciò confonde e impaurisce quegli esseri umani che fondano su convinzioni esterne, su regole ferree, la propria identità, ma essere uomini e donne maturi significa anzitutto costruirsi personalmente un’identità, definendo sé stessi indipendentemente dal pensiero comune o dalle categorie che ci possono essere conferite.
Un buon cristiano deve, se vuole realmente rispondere alla chiamata di Cristo, essere prima un uomo ed una donna maturi, adulti, solo in questo modo la fede può innestarsi e dare frutti buoni ed abbondanti. In caso contrario la fede viene vissuta come un mero sostituto di ciò che non abbiamo come esseri umani e ciò è frustrante per l’uomo e penalizzante per la bellezza della fede, ossia del rapporto con Cristo (per noi cristiani). Non si ha fede perché nelle prove della vita, siano malattie, sciagure o la morte, dobbiamo aggrapparci a qualcosa, ciò sarebbe immaturo e deprimente, ma si ha fede per vivere ancora meglio l’avventura della vita umana. Ciò che i teologi definiscono il “discorso antropologico”, ossia la componente umana che fa parte della nostra fede, è imprescindibile per qualunque religione, ma lo è ancora di più per noi cristiani: crediamo che Dio si sia fatto uomo vero, immergendosi totalmente nella complessità della nostra esistenza.
Per questa ragione siamo chiamati non a “sublimare” o a “arginare” la nostra natura umana, ma a scoprirla e a percorrerla fino in fondo, perché solamente facendo così possiamo avere con Cristo un rapporto vero e pieno, una fede che riempia ancora di più la nostra vita e non sia un mero anestetico dell’anima.
Ecco perché in premessa ho chiarito che a mio giudizio questo ragionamento non è un qualcosa che interessa solamente i credenti, coloro che si professano cristiani, ma, quantomeno per la sua parte antropologica, interessa ogni uomo ed ogni donna che voglia diventare adulta cercando il proprio posto in questo nostro mondo.
Ciò che sta accadendo da un po’ di tempo a questa parte, e con ciò mi riferisco alle numerose conferenze tra le quali l’ultima organizzata a Casale il 22 settembre, sono un obbrobrio evangelico ed umano. La Chiesa non può in alcun modo appoggiare o fiancheggiare un pensiero che non supporti la maturazione della coscienza del singolo, soprattutto alla luce del Vangelo e del Concilio Vaticano II. La Chiesa non può appiattire il proprio giudizio solamente sull’aspetto sessuale, facendo credere che un rapporto sessuale tra due uomini, o tra due donne, muta immediatamente questi in omosessuali o lesbiche, quasi che una persona omosessuale non fosse in grado di mentire a sé stessa per anni, per decenni (alcuni per tutta la vita), conducendo una vita sessuale socialmente “normale” ma restando omosessuale. Non è l’atto sessuale ma è il cuore che identifica l’uomo, e che, ribadisco il concetto, interessa a Dio.
Potrei a questo punto introdurre il discorso relativo alla benedizione delle coppie omosessuali, di quale sia la ratio sottesa alla benedizione, di come la corrispondenza dell’amore tra due persone, indipendentemente dalla loro attività sessuale, sia un dono di Dio ed un’incarnazione del suo amore. Due persone che si amano sono già una benedizione, per sé stesse, per le persone a cui vogliono bene e per la comunità nella quale si trovano; Dio le ha già benedette.

6. Corollario.

Credo sia anche opportuno rispondere a questo punto ad alcune delle domande del corollario che si stanno riproponendo: sì, l’omosessualità è una componente naturale della sessualità umana; no, non è un peccato e non vi è alcun riferimento che la condanni, piuttosto vi sono molti passi evangelici nei quali si condanna la menzogna pertanto il vero peccato non è essere omosessuale, ma non accettarsi e, mentendo a sé stessi e al mondo, condurre una vita difforme dalla propria natura; no, l’omosessualità non può essere curata, praticare una “cura” equivarrebbe a voler abusare degli ospiti di Lot esercitando una violenza; no, nessun cristiano che abbia una fede matura può accettare di appoggiare norme che non puniscano o, ancora peggio, appoggino la violenza sociale nei confronti delle persone omosessuali, perché così facendo ostacolerebbe la crescita umana di queste persone ed il loro rapporto (se credenti) con Dio.
Alcune volte mi sembra di ripetere sempre gli stessi concetti che dovrebbero ormai essere patrimonio comune, ma credo che la strada da percorrere per la nostra società italiana sia ancora lunga e chiarire queste zone d’ombra credo sia un buon servizio alla verità.

“Se rimanete ben radicati nella mia parola, siete veramente miei discepoli. Così conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi” Gv. 8,31-32

Note.

Come la samaritana (2011); Omosessualità e vangelo (Gabrielli editore, 2008); Il dono dello smarrimento (Gabrielli editore, 2007) ; Olio per la lampada (Edizioni Viottoli, 2004 – disponibile in *pdf); L’ultima ruota del carro (Edizioni Viottoli, 2001 – disponibile in *pdf) Il dono dello smarrimento (Edizioni Viottoli, 2000 – disponibile in *pdf)

Gen 19,1-29 I due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di Sòdoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra. 2E disse: “Miei signori, venite in casa del vostro servo: vi passerete la notte, vi laverete i piedi e poi, domattina, per tempo, ve ne andrete per la vostra strada”. Quelli risposero: “No, passeremo la notte sulla piazza”. 3Ma egli insistette tanto che vennero da lui ed entrarono nella sua casa. Egli preparò per loro un banchetto, fece cuocere pani azzimi e così mangiarono. 4Non si erano ancora coricati, quand’ecco gli uomini della città, cioè gli abitanti di Sòdoma, si affollarono attorno alla casa, giovani e vecchi, tutto il popolo al completo. 5Chiamarono Lot e gli dissero: “Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!”. 6Lot uscì verso di loro sulla soglia e, dopo aver chiuso la porta dietro di sé, 7disse: “No, fratelli miei, non fate del male! 8Sentite, io ho due figlie che non hanno ancora conosciuto uomo; lasciate che ve le porti fuori e fate loro quel che vi piace, purché non facciate nulla a questi uomini, perché sono entrati all’ombra del mio tetto”. 9Ma quelli risposero: “Tìrati via! Quest’individuo è venuto qui come straniero e vuol fare il giudice! Ora faremo a te peggio che a loro!”. E spingendosi violentemente contro quell’uomo, cioè contro Lot, si fecero avanti per sfondare la porta. 10Allora dall’interno quegli uomini sporsero le mani, si trassero in casa Lot e chiusero la porta; 11colpirono di cecità gli uomini che erano all’ingresso della casa, dal più piccolo al più grande, così che non riuscirono a trovare la porta. 12Quegli uomini dissero allora a Lot: “Chi hai ancora qui? Il genero, i tuoi figli, le tue figlie e quanti hai in città, falli uscire da questo luogo. 13Perché noi stiamo per distruggere questo luogo: il grido innalzato contro di loro davanti al Signore è grande e il Signore ci ha mandato a distruggerli”. 14Lot uscì a parlare ai suoi generi, che dovevano sposare le sue figlie, e disse: “Alzatevi, uscite da questo luogo, perché il Signore sta per distruggere la città!”. Ai suoi generi sembrò che egli volesse scherzare. 15Quando apparve l’alba, gli angeli fecero premura a Lot, dicendo: “Su, prendi tua moglie e le tue due figlie che hai qui, per non essere travolto nel castigo della città”. 16Lot indugiava, ma quegli uomini presero per mano lui, sua moglie e le sue due figlie, per un grande atto di misericordia del Signore verso di lui; lo fecero uscire e lo condussero fuori della città. 17Dopo averli condotti fuori, uno di loro disse: “Fuggi, per la tua vita. Non guardare indietro e non fermarti dentro la valle: fuggi sulle montagne, per non essere travolto!”. 18Ma Lot gli disse: “No, mio signore! 19Vedi, il tuo servo ha trovato grazia ai tuoi occhi e tu hai usato grande bontà verso di me salvandomi la vita, ma io non riuscirò a fuggire sul monte, senza che la sciagura mi raggiunga e io muoia. 20Ecco quella città: è abbastanza vicina perché mi possa rifugiare là ed è piccola cosa! Lascia che io fugga lassù – non è una piccola cosa? – e così la mia vita sarà salva”. 21Gli rispose: “Ecco, ti ho favorito anche in questo, di non distruggere la città di cui hai parlato. 22Presto, fuggi là, perché io non posso far nulla finché tu non vi sia arrivato”. Perciò quella città si chiamò Soar. 23Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Soar, 24quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco provenienti dal Signore. 25Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo. 26Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale. 27Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato alla presenza del Signore; 28contemplò dall’alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace. 29Così, quando distrusse le città della valle, Dio si ricordò di Abramo e fece sfuggire Lot alla catastrofe, mentre distruggeva le città nelle quali Lot aveva abitato.

Elegia di Davide su Saul e Gionata (Nova Vulgata) 2Sam 1,17-26 17 Planxit autem David planctum huiuscemodi super Saul et super Ionathan filium eius; 18 et praecepit, ut docerent filios Iudae canticum Arcus, sicut scriptum est in libro Iusti, et ait: 19 “ Incliti, o Israel, super montes tuos interfecti, quomodo ceciderunt fortes! 20 Nolite annuntiare in Geth neque annuntietis in compitis Ascalonis, ne forte laetentur filiae Philisthim, ne exsultent filiae incircumcisorum. 21 Montes Gelboe, nec ros nec pluviae veniant super vos, neque sint agri oblationum! Quia ibi abiectus est clipeus fortium, clipeus Saul, quasi non esset unctus oleo. 22 A sanguine interfectorum, ab adipe fortium arcus Ionathan numquam rediit retrorsum, et gladius Saul non est reversus inanis. 23 Saul et Ionathan amabiles et decori in vita sua, in morte quoque non sunt divisi, aquilis velociores, leonibus fortiores. 24 Filiae Israel, super Saul flete, qui vestiebat vos coccino in deliciis, qui praebebat ornamenta aurea cultui vestro. 25 Quomodo ceciderunt fortes in proelio! Ionathan in excelsis tuis occisus est. 26 Doleo super te, frater mi Ionathan, suavis nimis mihi; mirabilis amor tuus mihi super amorem mulierum. 27 Quomodo ceciderunt fortes, et perierunt arma bellica! ”.

Lc 7,1-10 1Quando ebbe terminato di parlare al popolo che lo ascoltava, Gesù entrò nella città di Cafàrnao. 2Là, si trovava un ufficiale dell’esercito romano il quale aveva un servo. Egli era molto affezionato a quel servo, che ora era malato ed era in punto di morte. 3Quando l’ufficiale sentì parlare di Gesù, mandò alcuni Ebrei autorevoli a pregarlo di venire e di guarire il suo servo. 4Questi Ebrei andarono da Gesù e lo pregavano con insistenza così: “L’ufficiale che ci manda merita il tuo aiuto. 5È amico del nostro popolo. È stato lui a far costruire la nostra sinagoga”.
6Allora Gesù andò con loro. Non era molto distante dalla casa, quando l’ufficiale gli mandò incontro alcuni amici per dirgli: “Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri in casa mia, 7per questo non ho osato venire personalmente da te, ma di’ anche una sola parola e il mio servo certamente guarirà. 8Perché anch’io ho i miei superiori e ai miei ordini ho dei soldati sotto di me. Se dico a uno: Va’, egli va; se dico a un altro: Vieni, costui viene; e se dico al mio servo: Fa’ questo, egli lo fa”. 9Quando Gesù sentì queste parole, lo ammirò. Si rivolse alla folla che lo seguiva e disse: “Vi assicuro che non ho mai trovato una fede così grande tra quelli che appartengono al popolo d’Israele”. 10E quando gli amici dell’ufficiale tornarono a casa trovarono il servo guarito.

Rm 1,18 Di fatto, l’ira di Dio si manifesta dal cielo contro tutti gli uomini, perché lo hanno rifiutato e hanno commesso ogni specie di ingiustizia soffocando la verità.
19Eppure ciò che si può conoscere di Dio è visibile a tutti: Dio stesso l’ha rivelato agli uomini. 20Infatti, fin da quando Dio ha creato il mondo, gli uomini con la loro intelligenza possono vedere nelle cose che egli ha fatto le sue qualità invisibili, ossia la sua eterna potenza e la sua natura divina.
Perciò gli uomini non hanno nessuna scusa: 21hanno conosciuto Dio, poi si sono rifiutati di adorarlo e di ringraziarlo come Dio. Si sono smarriti in stupidi ragionamenti e così non hanno capito più nulla. 22Essi, che pretendono di essere sapienti, sono impazziti: 23adorano immagini dell’uomo mortale, di uccelli, di quadrupedi e di rettili, invece di adorare il Dio glorioso e immortale.
24Per questo, Dio li ha abbandonati ai loro desideri: si sono lasciati andare a impurità di ogni genere fino al punto di comportarsi in modo vergognoso gli uni con gli altri; 25proprio loro che hanno messo idoli al posto del vero Dio, e hanno adorato e servito quel che Dio ha creato, anziché il Creatore. A lui solo sia la lode per sempre. Amen. 26Dio li ha abbandonati lasciandoli travolgere da passioni vergognose: le loro donne hanno avuto rapporti sessuali contro natura, invece di seguire quelli naturali. 27Anche gli uomini, invece di avere rapporti con le donne, si sono infiammati di passione gli uni per gli altri. Uomini con uomini commettono azioni turpi, e ricevono così in loro stessi il giusto castigo per questo traviamento.
28E poiché si sono allontanati da Dio nei loro pensieri, Dio li ha abbandonati, li ha lasciati soli in balìa dei loro pensieri corrotti, ed essi hanno compiuto cose orribili. 29Sono ormai giunti al colmo di ogni specie di ingiustizia e di vergognosi desideri. Sono avidi, cattivi, invidiosi, assassini. Litigano e ingannano. Sono maligni, traditori, 30calunniatori, nemici di Dio, violenti, superbi, presuntuosi, inventori di mali, ribelli ai genitori. 31Sono disonesti e non mantengono le promesse. Sono senza pietà e incapaci di amare. 32Eppure sanno benissimo come Dio giudica quelli che commettono queste colpe: sono degni di morte. Tuttavia, non solo continuano a commetterle, ma anche si rallegrano con tutti quelli che si comportano come loro.

Giambattista Sciré, “Il divorzio in Italia. Partiti, Chiesa, società civile dalla legge al referendum (1965-1974)”, Bruno Mondadori Editore

1 commento
  1. stefano dice:

    bel lavoro!
    aggiungo che in originale nella versione latina il servo e’ chiamato “puer”, fanciullo.

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