Dall’ideologia della famiglia alla famiglia come valore.*

Nei giorni scorsi si è tenuta a Torino la 47esima settimana sociale dei cattolici italiani, un momento di riflessione pubblica sulla tematica della famiglia, o meglio su una specifica declinazione di famiglia. Il titolo  della settimana è, infatti, interessante e condivisibile “Famiglia, speranza e futuro per la società italiana”; tutto dipende ovviamente dal valore e dai concetti che sono sottesi all’utilizzo delle parole.
Ho già avuto modo di anticipare a Ottobre dello scorso anno il grande pericolo legato all’appropriazione da parte di una sola parte sociale di termini e concetti che dovrebbero unire tutti; ciò nell’interesse generale. La famiglia è un valore importante, ma tale valore non può essere usato per discriminare un “noi” e un “voi” sulla scorta di un pensiero religioso. Non vorrei entrare in dibattiti sull’esegesi delle Sacre Scritture, le quali com’è noto possono avere, e hanno avuto nella stessa storia della Chiesa Romana, interpretazioni in aperta contraddizione, qui infatti non è in discussione il credo ed i valori intimi di una persona, sia essa credente oppure no, ma quale debba essere l’interazione tra le varie fedi e le varie credenze dei cittadini italiani e le norme che lo Stato si deve dare.
Appare di per sé stesso evidente dal dettame costituzionale che la famiglia è la cellula sulla quale si fonda l’intera società; ma quale famiglia? Forse sarebbe meglio domandarci anche il perché, quale sia la ragione per la quale la famiglia è posta come base nella costruzione della società e quindi dello Stato.
Le ragioni sono ovviamente correlate al bisogno che ogni essere umano, per sua stessa natura, ha di costruirsi uno spazio domestico, un edificio, non solo materiale, nel quale sentirsi al sicuro, essere felice e ricevere supporto nei momenti di difficoltà della vita. Tutto ciò, se avviene, genera delle esternalità positive per l’intera società: le persone possono, con questa sicurezza psicologica, affettiva e materiale, svolgere meglio il loro ruolo all’interno della società, portando benefici alla collettività.
Accanto a ciò vi è la funzione riproduttiva ed educativa nei confronti della prole, la quale però perfeziona il concetto di famiglia, ma non ne è condizione necessaria: se si ammettesse il contrario dovremmo escludere anche tutte le coppie eterosessuali che non possono o non desiderano avere dei
figli.
Con tali presupposti quale sarebbe dunque la differenza tra una coppia formata da un uomo e una donna o da due uomini o da due donne in tali dinamiche sociali? Non possono coppie omosessuali costruire quell’edificio, quello spazio domestico nel quale i due partner trovano sicurezza, affetto e supporto?
Il ruolo dello Stato non deve, per sua stessa natura, ma anche per il dettato evangelico (ricordiamo “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”), marginalizzare comportamenti positivi, ossia i comportamenti che rendono la società più forte, perché così facendo produce sì delle esternalità, ma negative per tutti, comprese le coppie eterosessuali.
Se infatti si volesse seguire nella legislazione il pensiero di una parte religiosa si dovrebbe abolire, ad esempio, il divorzio, considerando il matrimonio indissolubile. Ma forse le coppie eterosessuali sposate civilmente in seconde nozze, e magari senza prole, non sono famiglia?
Esulando un po’ dal tema specifico della famiglia, sempre più ideologizzato, occorre spendere qualche parola su un convengo che si terrà a Verona il 21 settembre dal titolo “La teoria del gender: per l’uomo o contro l’uomo?”. Anche in questo caso si assiste ad una pericolosa deriva: il pensiero di una parte sociale legata ad alcune convinzioni religiose deborda dal suo alveo per invadere quello della scienza. Esattamente come accade a Torino per il campo del Diritto a Verona accadrà per il campo scientifico: si confuta la realtà per farla corrispondere ad un preciso modello ideologico religioso.
Sarebbe lungo entrare qui nel dettaglio dei dibattiti scientifici ma quando si parla di “Ideologia del gender e omosessualismo: verso un nuovo totalitarismo?” appare evidente che non si è compreso nulla della battaglia dei diritti civili. Non esiste un pensiero “omosessuale” che punta a convertire nessuno, né tantomeno a discriminare o a “rovinare” le famiglie composte da uomo e donna, ma DEVE esistere un pensiero, ed un’azione legislativa positiva, che consenta a ciascuno di compiere il proprio percorso in questa vita, a seguire la propria strada, già di per sé stessa molto complessa,
senza doversi caricare di inutili pesi derivanti da discriminazioni sociali o da pregiudizi familiari.
Una persona che, infatti, non riesce a trovare sé stessa, ricordiamo il sempreverde “conosci te stesso”, sarà sempre triste, inquieto e insoddisfatto, e una società composta da persone disposte a nascondere sé stesse per la “pace familiare”, per le “convenzioni sociali” oppure perché “l’educazione li ha convinti che il mondo va così” sarà carica di violenza e frustrante per tutti, eterosessuali compresi.

*di Paolo Giordana.

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