L’omofobia è soprattutto ignoranza: la prima necessità è combatterla.

Essere discriminati e vivere l’ostilità altrui ti insegna tante cose. La prima è quella di imparare a leggere con gli occhi di altri il loro “odio” per poterlo combattere meglio. “Combattere” non sempre è sinonimo di lotta “corpo a corpo”: spesso è strategia, attenzione ed empatia.

Ieri sera (16 febbraio 2014) dopo l’arresto di Vladimir Luxuria a Sochi, oltre ad un gran numero di attestati di sostegno e dovute preoccupazioni, i social network hanno, come al solito, mostrato il loro lato peggiore attraverso i commenti. Alcuni sono tra il volgare e lo stupido. Altri, veri e propri insulti. Alcuni, gratuitamente, spostano l’attenzione sulla vita personale di Vladimir, trattando della sua carriera televisiva o parlamentare, dimenticando che prima di quello, Vladimir ha, per anni e senza avere notorietà o applausi (ma spesso solo insulti) passato mattine, pomeriggi, sere e notti a scrivere, parlare, commentare e manifestare contro quello stesso odio che ieri ha riempito intere bacheche. Quello stesso odio che ieri ha commentato con ingiurie anche disgustose un atto che, comunque lo si voglia leggere, resta “coraggioso” e, evidentemente, proprio per questo, incomprensibile ai più.

La prima reazione a tanto odio è stato lo sdegno, anzi fastidio, anzi, per dirla tutta, disgusto. Ma nell’epoca dell’opinione “social”, quella del “prêt-à-commenter”, ti rendi conto che, per leggere questi commenti, devi andare andare oltre, più a fondo, con un po’ di riflessione. E allora riesci a vedere come molto spesso gli atteggiamenti apertamente omofobi nascano dall’ignoranza: un’ignoranza nel senso pienamente etimologico del termine, cioè il non-sapere. Il non-sapere ti permette di affrontare con superficialità qualsiasi problema, qualsiasi cosa che non ti riguardi direttamente, qualsiasi accadimento che tu puoi reputare “di qualcun altro”. Oggi la differenza la può fare solo la conoscenza, quella profonda; quella che ti permette, spesso mettendoti in gioco, di trasmettere empaticamente agli altri che sventolare una bandiera rainbow con una scritta semplice come “gay è ok” è qualcosa di molto più che un “atto di esibizionismo”. Occorre mettere in atto un profondo cambiamento di atteggiamento e di approccio agli eventi: altrimenti, il rischio è quello di vedere l’ignoranza regnare in un momento in cui tutto è superficiale, tutto non ci riguarda, ma su tutto sentiamo di poter mettere bocca. O, peggio, un click.

Accettare di fare di sé una bandiera rappresenta un passo che non tutti possono sentirsi capaci di fare, ma che è fondamentale per combattere l’ignoranza. In un epoca non molto lontana, nelle associazioni LGBT si diceva spesso “il privato è politica”. Oggi più che mai per le persone LGBT deve essere così: il nostro privato deve diventare politica, una politica che permetta alle persone vicine e lontane di comprendere cosa significa combattere per un diritto legittimo. Un diritto che non lede nessuno quando viene rivendicato, ma che opprime molti quando viene negato.

Il nostro privato diventa politica quando passiamo il tempo a studiare campagne di informazione, a preparare, organizzare e gestire iniziative, ad appiccicare adesivi, a fare feste che tentano di far passare messaggi mettendo a proprio agio le persone, a scrivere comunicati stampa, a non fermarci davanti a niente, sacrificando poco o tanto del nostro tempo.

Ma il nostro privato deve diventare politica anche parlando con i nostri amici, non nascondendoci dietro niente, non accettando le provocazioni, ma combattendole con il nostro comportamento quotidiano. Non è per tutti semplice allo stesso modo, non per tutti può accadere da un momento all’altro, ma tutti possono fare un piccolo passo avanti per arrivare a prendere coscienza della propria condizione di persona discriminata. E questo anche grazie all’aiuto di chi quel passo in avanti è già riuscito a farlo. Non è una scelta, è l’unica soluzione: dovremmo essere tutti Vladimir. E tanti altri che, come Vladimir, in tempi più o meno recenti, hanno fatto di sé una bandiera rainbow, l’hanno sventolata e ne hanno pagato le conseguenze.

Leggete i commenti sui social, leggeteli bene, sforzatevi di sentirli come se fossero indirizzati a voi e non ad un’altra persona, e scoprirete che le cose possono cambiare solo se ognuno di noi fa dell’ignoranza che dilaga, e non delle persone che li hanno scritti, il proprio nemico.

È questo il vero nemico contro il quale bisogna continuare la battaglia.

È questo il vero nemico che Quore pensa che sia arrivato il momento di sconfiggere, una volta per tutte.

 

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