Vorrei ma non posso: note a margine.

vorreimanonposso silvia magino alessandro battagliaDal lavoro di promozione della campagna Vorrei ma non posso, It’s Wedding time emergono alcune note a margine che, lungi dall’essere riflessioni approfondite, fotografano la condizione di molte coppie omosessuali, in questo caso torinesi.
Per inciso, Torino, grande città del nord Italia, sede del primo movimento di liberazione omosessuale nonché luogo di ispirazione per gran parte del movimento attuale.
Nella loro richiesta di adesione i nubendi hanno spesso indicato la durata della loro storia d’amore o convivenza; dato naturalmente non richiesto per partecipare alla celebrazione del matrimonio simbolico.
Questa che potrebbe suonare quasi come una “excusatio non petita” apre degli interrogativi sulla condizione psicologica di queste coppie che sentono così il bisogno di legittimare il loro atto con la prova della solidità dell’unione.
Il risvolto della medaglia è dunque l'”accusatio manifesta”, ovvero quel  tedioso stereotipo che ancora associa l’omosessualita’ a comportamenti promiscui e che condiziona in qualche misura l’immaginario comune. Questa affermazione di longevità dimostra, in buona sostanza, un sentimento di disagio rispetto la titolarità di un diritto che dovrebbe essere acquisito per tutti i cittadini e le cittadine. Non solo, ma le molte domande che ci sono state poste dimostrano la piena responabilità di quanti, seppur consapevoli della simbolicità della celebrazioni, hanno deciso di formalizzare la loro unione davanti ad un rappresentante istituzionale, davanti agli amici, ai parenti e a migliaia di persone che frequentano la parata del Pride.
Nessuno dunque ha pensato ad uno scherzo… e richiedere pari diritti e pari dignità non lo è affatto!