HIV: abbiamo abbassato la guardia

Come ogni anno l’Istituto Superiore di Sanità pubblica in prossimità del 1° Dicembre, giornata mondiale di lotta all’AIDS, i dati dell’infezione nel nostro paese. Il rapporto per il 2018 presenta dati in generale positivi per l’Italia, dove il numero di nuove infezioni è stimato in linea con la media dei paesi europei, così come il numero di diagnosi tardive (ovvero quando il valore dei CD4, i globuli bianchi responsabili di orchestrare la risposta immunitaria alle infezioni, scende sotto un determinato livello).
Se i dati generali sono tranquillizzanti, meno lo è un’analisi più attenta della tipologia di nuovi contagi: la maggior parte delle nuove diagnosi è tra maschi che fanno sesso con altri maschi. Sembra quasi che il lavoro di prevenzione fatto negli anni 80 e 90 in gran parte dal movimento LGBT abbia fallito il suo compito nel tempo. I giovani sono più vulnerabili e meno attenti: di HIV ed AIDS non si parla più, di azioni di prevenzione non se ne fanno più e soprattutto abbiamo dimenticato tutti insieme che la prevenzione delle MST, Malattie Sessualmente Trasmissibili, è un pezzo della nostra cultura politica. Organizziamo test di massa nei luoghi di aggregazione, ma l’unica cosa di cui si è parlato negli ultimi anni è della PREP, profilassi pre-esposizione (si riferisce all’assunzione di specifici farmaci per prevenire l’infezione dal virus dell’HIV, ovvero gli stessi farmaci che vengono somministrati per tenere sotto controllo l’infezione quando già presente nel corpo umano) presentandola come panacea per tutti i mali. Provate oggi in una qualsiasi discoteca a chiedere come si trasmette l’HIV, che cosa comporta, o come si può prevenire: nella maggior parte dei casi le risposte delle persone sotto i 30 anni potrebbero lasciarvi sbalorditi (o spaventati a seconda della vostra sensibilità).
Smettere di fare cultura della prevenzione significa dimenticare un pezzo della propria storia, ma soprattutto implica smettere di occuparsi di questa comunità a tutto tondo, come l’esperienza della fine del secolo scorso ci aveva insegnato: gli enti pubblici preposti non svolgono un compito efficace di prevenzione oggi, così come per ragioni politiche e culturali non riuscivano a farlo compiutamente allora. Quindi tocca di nuovo a noi attrezzarci e far crescere una sensibilità che salva la salute,soprattutto delle ragazze e dei ragazzi che si avvicinano ad una sessualità libera e consapevole.
Forse l’HIV non uccide più come un tempo, ma resta una malattia: a chi tocca proteggere la nostra comunità se non a noi?
Buon 1°dicembre di lotta a tutti.
Piero Pirotto, volontario dell’associazione Quore
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